Presentato a Roma il VI Rapporto del Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici
Lentezze burocratiche, lunghi tempi di attesa per le visite specialistiche, differenze territoriali notevoli, mancato accesso ai farmaci sono i principali problemi segnalati dai malati cronici in Italia. Le conseguenze, per i pazienti e le loro famiglie, sono costi sempre più elevati e notevoli difficoltà di ordine psicologico e sociale
A dirlo è il sesto Rapporto sulle politiche della cronicità, presentato oggi dal Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici (Cnamc)-Cittadinanzattiva e realizzato grazie al contributo di 30 associazioni (fra le 130 associazioni aderenti al Cnamc) rappresentative delle malattie croniche a più elevato impatto sociale e delle patologie rare più diffuse.
I malati cronici, secondo il Rapporto del Cnamc, spendono mensilmente fino a 500 euro per l’acquisto di farmaci essenziali non passati dal Ssn, più di 250 euro al mese per comprare protesi ed ausili, circa 1500 euro l’anno per le viste di controllo. I costi indiretti per mancati guadagni e giornate lavorative perse si aggirano, per fare un esempio nel caso dell’artride reumatoide – malattia cronica più diffusa - fra i 2700 e i 17.250 euro per paziente l’anno.
Dati ufficiali sulle malattie croniche Circa dieci milioni i malati cronici in Italia, pari ad un sesto della popolazione. Di questi il 36% soffre di una patologia cronica, il 19,4% di due o più malattie croniche.
A partire dai 55 anni più di una persona su due (55,8 per cento) dichiara di soffrire di almeno una patologia cronica. La quota raggiunge l'86,3% tra le persone di 75 anni e oltre, e tra le donne anziane della stessa fascia d'età arriva addirittura a circa il 90%.
Artrosi ed artrite (18,3% dei malati cronici), ipertensione (13,8%), malattie allergiche (9%), osteoporosi (6,7%), bronchite cronica/asma bronchiale (6,4%) e diabete (4,2%) le malattie più diffuse con un’incidenza totale del 58% sul totale dei malati cronici. Un’attenzione particolare va riservata alle demenze che, pur non figurando ai primi posti quanto a livello di incidenza, hanno ed avranno sempre più un fortissimo impatto sociale: in base a proiezioni dell’Istat, nel 2025 saranno circa 2.300.000 i casi di demenza e, considerando in media tre familiari per un paziente con demenza, coinvolgeranno circa 7 milioni di cittadini.
L’accesso ai farmaci, un problema per le tasche dei malati cronici 28 su 30 le associazioni che segnalano gravi difficoltà nell’accesso ai farmaci essenziali, con costi privati che possono superare i 500 euro al mese. A peggiorare la situazione sono le forti difformità territoriali nell’accesso alla terapia: persone affette dalla stessa patologia possono avere accesso in un territorio ai farmaci essenziali in maniera gratuita e in un altro essere costrette invece a sostenere pienamente il loro costo. Questo vale, ad esempio, per i pazienti affetti da patologie rare e per i sieropositivi: laddove esiste un "centro di eccellenza" i malati hanno a disposizione tutti i farmaci fino a oggi registrati - più di una ventina - oltre a una serie di altri ancora in fase sperimentale. Nei reparti di malattie infettive di un normale ospedale, invece, non sono disponibili le stesse opportunità: in questo caso o aumenta vertiginosamente la spesa che i cittadini devono sostenere privatamente per l’acquisto dei farmaci o devono rassegnarsi a terapie qualitativamente inferiori. L’esenzione al pagamento dei farmaci per i malati cronici è spesso un diritto limitato. I pazienti affetti da HIV, distrofia di Duchenne, ittiosi, malattie rare, spina bifida e paratetraplegia lamentano di dover comprare numerosi farmaci, che si trovano in fascia C, o dover pagare esami ed analisi non ricompresi fra quelli rimborsati dal Ssn. Ciò costringe i pazienti a rivedere costantemente la propria esenzione.
Lunghe liste di attesa per le visite specialistiche e i trapianti di organo Attese superiori ai 6-8 mesi per le visite specialistiche per i malati cronici, con costi privati che possono superare i 1500 euro l’anno. Nel caso dei malati cronici, infatti, ritardare o ancora peggio non effettuare tali visite comporta un peggioramento della qualità di vita e dello stato di salute e dunque rinunciarvi non appare opportuno. Le associazioni segnalano l’esistenza di liste di attesa principalmente nei seguenti settori:- viste specialistiche, con attese superiori ai 6-8 mesi; - visite odontoiatriche, con attese che possono superare l’anno; - interventi chirurgici, con particolare attenzione agli interventi di artroprotesi, estremamente importanti soprattutto nel caso dei pazienti emofilici; - accesso a presidi, protesi ed ausili. Le organizzazioni di malati cronici segnalano, in questo settore, iter lunghissimi e poco trasparenti, fatica per la prenotazione delle forniture, difficoltà a disporre di centri di assistenza e di ausili di ricambio, indisponibilità ad accogliere in tempo reale quanto messo a disposizione dalla innovazione, impossibilità di una scelta effettiva tra prodotti alternativi. Sono infatti 21 su 24 le organizzazioni di pazienti che, a causa di tempi eccessivamente lunghi, non riescono ad accedere alle protesi ed ausili necessari alle proprie esigenze e si trovano costretti ad acquistarli di tasca propria, sostenendo così, alle volte, costi superiori ai 250 euro al mese.
Le organizzazioni sottolineano enormi ritardi anche nel settore dei trapianti. 6.835 i pazienti in attesa di trapianto di rene, contro i 1.643 trapiantati nello scorso anno. Il tempo di attesa medio per un trapianto di rene è di tre anni, ma ci sono più di 400 pazienti che attendono da oltre 10 anni. Lunghe liste di attesa anche per i pazienti affetti da epatite C: nel 2005 c’erano 1.490 pazienti in lista di attesa per un trapianto di fegato.
Riconoscimento dell’invalidità e benefici connessi: la burocrazia la fa da padrona
Ottenere l’invalidità civile, l’handicap e l’indennità di accompagnamento è un tragitto ad ostacoli. Tempi lunghi e burocrazia sono i principali ostacoli: si attendono in media più di otto mesi per la prima visita, almeno sette mesi per ottenere il verbale. Per godere poi appieno dei benefici economici (che comunque sono considerati inadeguati per coprire tutte le necessità dal 44% dei cittadini), si attende in media più di tre anni. Quindi, in totale, circa quattro o cinque anni per l’intero percorso. Troppi i soggetti pubblici coinvolti nel riconoscimento dei benefici, Asl, Comune, Regione ed Inps. Così ad esempio può capitare che un cittadino riconosciuto invalido al 100% non riesca ad ottenere l’indennità di accompagnamento. Alcune associazioni segnalano casi di mancato riconoscimento dell’invalidità civile e dell’handicap. Ad esempio i malati di epatite C non hanno accesso alla legge 104, sebbene assumano interferone che provoca astenia e malesseri psicofisici. Lo stesso vale per gli emofilici. I malati di Alzheimer ottengono i benefici solo nella fase avanzata della malattia.
Anche in questo settore, infine, non tutti i cittadini sono garantiti allo stesso modo: tutte le organizzazioni sottolineano che, a causa della mancata armonizzazione dei parametri di valutazione, due pazienti affetti dalla stessa patologia possono avere, a seconda di dove risiedono, un riconoscimento maggiore o minore o addirittura il mancato riconoscimento dei benefici dell’invalidità civile e dell’handicap. Iter burocratici lunghi e complessi anche per l’ottenimento o il rinnovo della patente. Per molti malati cronici il rinnovo deve avvenire ogni anno o due, anche in assenza di limitazioni psicofisiche o in presenza di condizioni di salute stabili, con spese che superano i 100 euro ogni volta. Non di rado inoltre viene del tutto negato il rilascio della patente: la scarsa conoscenza delle varie malattie croniche non permette alla Commissione di valutare il candidato e potenziare le residue possibilità di autonomia.
L’ambito lavorativo: assenze dal lavoro e rischio di precarietà
Tutte e trenta le associazioni di pazienti che hanno partecipato al rapporto hanno identificato diverse problematiche connesse a questo tema che portano il cittadino malato cronico a percepire la propria patologia come fonte di precarietà sul lavoro. I costi indiretti, per mancati guadagni e giornate lavorative perse, a fronte della progressiva invalidità del paziente si aggirano, per fare un esempio, nel caso dell’Artrite reumatoide, tra i 2.700 ed i 17.250 euro per paziente all’anno. Tra le principali questioni, la più segnalata è connessa ai ritardi o mancati riconoscimenti dei benefici dati dall’Invalidità Civile e Handicap. I malati cronici finiscono col richiedere numerosi permessi di lavoro e congedi straordinari in caso di riacutizzazione della propria patologia, per effettuare la terapia o assistere il proprio familiare affetto da patologia cronica. Molto spesso, inoltre, la normativa Inps non è aggiornata e prevede dei permessi che non sono sufficienti per le necessità del cittadino, come ad esempio nel caso di paziente sottoposto a dialisi. Stesso discorso vale per i congedi straordinari retribuiti (art. 42 Dl 151 /2001) che attualmente non sono previsti per coniugi e figli, con conseguente possibile perdita di lavoro per i familiari. I pazienti hanno segnalato casi di discriminazione, isolamento ed allontanamento del cittadino malato cronico dal proprio lavoro. In particolare i cittadini affetti da Hiv, Epatite C, Diabete, Insufficienza renale, Allergia e Asma, Emofilia, Malattie Rare sottolineano l’esistenza di casi di mancata assunzione a causa della patologia cronica, ma anche il fatto che la patologia stessa comporti l’allontamento del lavoratore, o azioni di mobbing e di spostamenti del lavoratore verso attività non consone (troppo faticose, dure per le possibilità del malato).