Dossier sul welfare di Cittadinanzattiva - Dal 3 al 6 dicembre a Roma, il III Congresso Nazionale “trent'anni di diritti a tinte forti: la rivoluzione civica”
Un welfare che sta perdendo le sue caratteristiche di reale sostegno ai cittadini e alle famiglie, e che impone sempre di più il ricorso alla spesa privata, con molti rischi di esposizione all'impoverimento.
E' questa la fotografia che emerge dal lavoro prodotto da Cittadinanzattiva alla vigilia del III Congresso Nazionale, tenutosi nei giorni scorsi a Roma.
Secondo dati recentemente diffusi dalla Caritas e Fondazione Zancan la povertà colpisce il 30,2% delle famiglie con 3 o più figli; quasi la metà di queste vive nel Sud del nostro Paese. In Italia insomma, avere più figli espone maggiormente al rischio povertà o impoverimento. Cerchiamo di “fare i conti in tasca”. Nel 2007 (Dati Ministero economia) la spesa sociale è stata pari a 366.878 milioni di Euro, di cui il 66,3% (oltre 243 milioni) è servita per il pagamento delle pensioni. Lo Stato sociale così come inteso tradizionalmente, cioè un sistema di norme con il quale lo Stato cerca di eliminare le diseguaglianze sociali ed economiche fra i cittadini, in particolare dei ceti meno abbienti attraverso l'assistenza sanitaria, la pubblica istruzione, l'indennità di disoccupazione, i sussidi familiari, l'accesso alle risorse culturali, l'assistenza di invalidità e di vecchiaia e la difesa dell'ambiente naturale sta mostrando molti dei suoi limiti. I reali bisogni della nostra società hanno evidenziato la nascita di nuove domande per il sistema di protezione sociale: il lavoro atipico così come le famiglie di fatto, gli immigrati così come quella che qualche anno fa si sarebbe chiamata la media borghesia, fino ai cittadini vittima di una patologia cronica o che, loro malgrado, sono costretti a fare ricorso alla giustizia. Da moltissimi anni nel nostro Paese il servizio giustizia è sinonimo di uno strumento lento e costoso, e in moltissimi casi inefficace.
Dai dati della rete di Cittadinanzattiva Giustizia per i diritti emerge infatti come nel Processo penale (ipotesi di omicidio colposo) si debbano attendere almeno 6-7 anni per il primo grado di giudizio, con costi diretti per i cittadini che oscillano tra i 10000 e i 15000 Euro. A questi si affiancano i costi sostenuti direttamente dal Servizio Giustizia, cioè quelli legati al Consulente tecnico di ufficio, notifiche attraverso gli ufficiali giudiziari, la quota di stipendio di PM, cancellieri, Giudice e trascrittori. Il tutto, per una causa che quasi certamente verrà prescritta: il reato penale in questo caso viene prescritto dopo 5 anni dal fatto, cioè 1-2 anni prima che si arrivi al primo giudizio. Per passare ad un possibile processo civile per un presunto errore medico, oltre ad attendere tra i 3 e i 5 anni per il I grado di giudizio, il cittadino dovrà affrontare una spesa tra i 4000 e i 5000 euro per il proprio avvocato, tra gli 800 e i 1200 euro per il consulente di parte, tra gli 800 e i 1500 per il CTU. Il dato diventa poi quasi mortificante nel caso si tratti di un cittadino immigrato che voglia fare ricorso contro un provvedimento di espulsione: circa 6 mesi per la I udienza di sospensiva, tra i 6 e gli 8 anni per l'udienza di merito, con una spesa di 500 per il contributo unificato e tra i 4500 e i 5000 Euro per il proprio avvocato. A tutto questo è ipotizzabile aggiungere i costi per un legale, anche nel caso in cui si volesse richiedere un risarcimento per la lunghezza dei processi (legge Pinto). Insomma, oltre al danno, la beffa.
Sanità
La Spesa sanitaria pubblica in Italia rappresenta il 6,8% del PIL (Germania 8,6 – Francia 7,4 – Svezia 7,9 – UE 7, dati del Libro verde sul welfare-Ministero del welfare-2008) Secondo i dati del Rapporto 2007 CEIS-Tor Vergata, ad impoverirsi sono soprattutto gli anziani ultra 65enni e le famiglie che assistono anziani. Allo stesso tempo, l’impoverimento interessa in misura crescente le coppie con figli. Fra le spese sanitarie, disabilità e spese odontoiatriche sono le due cause più frequenti di impoverimento. Un servizio sanitario frammentato e disomogeneo. E’ quanto denuncia Cittadinanzattiva attraverso la sua rete Tribunale per i diritti del malato ormai da anni, il frutto di un federalismo distorto che pesa soprattutto sui più deboli. Gli ambiti nei quali risultano più evidenti gli effetti del federalismo sanitario e dei piani di rientro riguardano l’assistenza farmaceutica, l’assistenza ospedaliera, l’assistenza in strutture extra ospedaliere (residenze sanitarie assistite o RSA, Lungodegenze, Hospice), il settore della non autosufficienza, le liste di attesa, l’odontoiatria e le malattie rare. Partiamo dalle liste di attesa, problema sentito dalla gran parte dei cittadini. Esso è comune a gran parte delle regioni e delle Asl, ma i cittadini del Nord sono più garantiti di quelli del Sud: un esempio su tutti, la Lombardia ha fissato i tempi massimi di attesa per 100 prestazioni, la Calabria solo per 33. Prendendo a riferimento la risonanza magnetica, per la quale si possono attendere anche 270 giorni nel canale pubblico, essa costa fino a 300 euro nel canale privato intramurario. Per l’assistenza alle persone non autosufficienti, anziani e disabili gravi all’interno delle residenze sanitarie assistite, le rette più alte a carico dei cittadini si registrano in Emilia Romagna: 1554 euro mensili contro i 459 euro della Basilicata. Per l’assistenza ai malati terminali funzionano gli hospice: dovrebbero essere circa 200 in tutta Italia entro la fine di quest'anno, per un totale di 2.300 posti letto. Ma si va dal caso dell’Emilia Romagna, con 300 posti, uno ogni 14mila abitanti, alla Calabria con 40 posti, uno ogni 50mila calabresi. Cure odontoiatriche: è il settore in cui, in mancanza di una reale offerta pubblica, pesano notevolmente i costi privati. Per gli adolescenti, va meglio in Trentino (che dà cure gratuite fino a 19 anni) e in Emilia Romagna (fino a 18 anni). Superata questa soglia di età, tutto varia in base al reddito: agli estremi opposti l’Emilia Romagna che prevede esenzioni per le famiglie con un massimo di 15mila euro lordi l’anno, mentre la Puglia garantisce per i redditi fino a 22mila euro l’anno. Malattie croniche: Sono circa 39,2% della popolazione (dati Istat 2007) i malati cronici in Italia, l’86,9 per cento dei quali di età superiore ai 75 anni. Insostenibili le spese: il costo medio mensile per farmaci indispensabili è di circa 420 euro al mese. Maternità: Si può stimare che, pur usufruendo delle esenzioni del Ssn, i costi per esami diagnostici e visite specialistiche in gravidanza si aggirano tra gli 800 ai 1000 euro.
Tariffe locali: sono sempre più fuori controllo, aumentano ma nessuno sembra preoccuparsene. Non compare alcun argine alla loro escalation nelle recenti misure anticrisi del Governo, mentre gli Enti locali non hanno alternative che aumentarle per cercare di dare ossigeno alle casse comunali. E tra i bassi redditi e l’alta fiscalità, chi ne risente è una fetta di popolazione sempre più ampia: nel 2007 in Italia il 13% della popolazione risulta avere meno della metà del reddito medio, quindi meno di 500-600 euro al mese. Accanto ai poveri ci sono poi i “quasi poveri”, ossia persone che sono al di sopra della soglia di povertà per una somma molto esigua, cioè per circa 50-60 euro. Si registra, in merito agli anziani soli o non autosufficienti, un aumento della povertà nelle regioni del Nord. Dal 2005 al 2006 (ultimi dati Istat disponibili) l'incidenza di povertà relativa in persone sole con 65 anni e più è passata da un valore di 5,8 al 8,2. Dura anche per chi ancora riesce a far fronte a questa situazione: in un anno una famiglia-tipo (genitori e figlio 0-3 anni, reddito lordo annuo di 44.200€ e relativo Isee di 19.900€) paga 217€ per i rifiuti (+3,8% rispetto all’anno precedente, niente a che vedere con la crescita del 47% registrata dal 2000 ad oggi) ai quali deve aggiungere altri 230€ per la bolletta dell’acqua (+4,6% rispetto al 2006, soprattutto +32% da quando c’è l’euro). E se ha un figlio e ha la fortuna di entrare in graduatoria per un nido comunale, occorre mettere da parte circa 290 euro al mese che, considerando 10 mesi di utilizzo del servizio, portano la spesa annua familiare a circa 3.000€. Si dirà, le tariffe variano da città a città, ma anche l’offerta dei servizi e la loro qualità è altamente differenziata. Rimanendo in tema di nidi pubblici, per godere di maggiori chance di accedervi conviene vivere in Emilia, che presenta una copertura potenziale del servizio pari al 16% dell’utenza potenziale; in Campania, Calabria e Puglia non si va oltre l’1% a fronte di una media nazionale del 6%, valore comunque molto lontano dai parametri europei. Se per la copertura del servizio si fa preferire l’Emilia, per i costi occorrerebbe evitare il Trentino.
E per la sicurezza degli edifici? Lasciamo stare e speriamo bene: su 132 scuole monitorate da Cittadinanzattiva, nessuna ottiene il massimo punteggio, 12 ottengono un giudizio buono, 33 discreto, 56 appena sufficiente, 24 insufficiente e 7 pessimo. Di queste ultime, ben 6 sono scuole dell’infanzia. Tornando alle utenze domestiche, l’acqua costa mediamente di più in Toscana (308€) e meno in Molise (138€), ma proprio il Molise ha il record nazionale di dispersione idrica, di acqua ne perde ben il 65% (la media nazionale è del 35%). E che dire dei rifiuti, dove tendenzialmente il servizio meno funziona e più lo si paga: nel 2007 in ben 38 capoluoghi di provincia le tariffe rifiuti sono aumentate oltre il tasso di inflazione (2,6%). In Sicilia si registra la spesa annua più elevata (280€), in Molise la più contenuta (117€), proprio le due regioni dove la percentuale di raccolta differenziata è più bassa: 7 e 5%, rispettivamente, a fronte di una media nazionale del 26%. Insomma, costi e qualità sembrano essere un’accoppiata difficile da garantire per i servizi pubblici locali nel nostro Paese. Il risultato? Se non diretto, è quantomeno legato: l’indebitamento medio delle famiglie italiane è raddoppiato negli ultimi 5 anni, arrivando a toccare nel dicembre 2007 i 15.765 € (fonte Cgia di Mestre). Dall’entrata in vigore dell’euro a fine dicembre 2007, tale indebitamento delle famiglie (comprendente mutui per l’acquisto della casa, prestiti per l’acquisto di beni mobili, credito al consumo, finanziamenti per la ristrutturazione di immobili) è pressoché raddoppiato: la crescita media è stata del 93%. Le sofferenze maggiori a carico dei nuclei familiari riguardano la provincia di Roma, dove si arriva ad una media di 21.949€. Seguono le famiglie milanesi (21.138€), della provincia di Lodi (20.593€), di Reggio Emilia (20.138€) e quelle di Rimini (20.060€).