A Siracusa, la spesa annua per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani ammonta a 407€, il quadruplo rispetto alla città meno cara d’Italia, Reggio Calabria (95€). Roma la quinta città più cara d’Italia con 337€, preceduta solo da Salerno (356,5€), Catania (365€), Caserta (393€) e Siracusa. Tra i 10 capoluoghi con le tariffe più alte, solo uno, Trieste, è del Nord (309€).
In generale, la media annua più alta si registra in Campania (301€), la più bassa in Molise (126€).
Dimostrazione di una marcata differenza tra aree geografiche del Paese che trova conferma anche all’interno di una stessa Regione.
In Sicilia, per esempio, a Trapani (182€) e Ragusa (198€) la Tarsu arriva a costare meno della metà di Siracusa. Lo stesso dicasi in Lombardia, dove la Tarsu pagata a Milano (262€) supera di 130€ la Tarsu pagata a Cremona (132€), o in Toscana, dove la Tia pagata a Livorno (308€) supera di ben 141€ la Tia pagata a Firenze (167€).
Nello studio realizzato dall’Osservatorio prezzi & tariffe di Cittadinanzattiva, l’analisi a carattere nazionale del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani in termini di costo sopportato da una famiglia-tipo di tre persone con reddito lordo complessivo di 44.200€ ed una casa di 100 metri quadri. L’indagine, condotta con il contributo dei rilevatori civici di Cittadinanzattiva, ha riguardato tutti i capoluoghi di provincia nel 2008.
Caro bollette. In media, in un anno la nostra famiglia-tipo ha sostenuto nel 2008 una spesa di 223 euro per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, con un aumento del 2,8% rispetto all’anno precedente. Cinque le città che nell’ultimo anno hanno fatto registrare incrementi record, superiori al 20%: Salerno (+67,4%), Caltanissetta (+40%), Lecco (+29%), Chieti (+25%) e Benevento (+21,5%). Inoltre, da gennaio 2000 a marzo 2010, secondo dati Istat, l’incremento registrato a livello di tariffe rifiuti è
stato del 55%. In negativo, da segnalare anche il ritardo con il quale i capoluoghi di provincia hanno adottato la Tariffa
d’igiene ambientale (Tia), introdotta dal Decreto Ronchi nell’ormai lontano 1997: sono solo il 45%, mentre la maggioranza dei capoluoghi (55%) è rimasta fedele alla Tarsu (Tassa smaltimento rifiuti solidi urbani).
Le 10 città più costose Le 10 città più economiche
Siracusa 407 € (Tarsu) Reggio Calabria 95 € (Tarsu)
Caserta 393 € (Tarsu) Isernia 112 € (Tarsu)
Catania 365 € (Tarsu) Matera 125 € (Tarsu)
Salerno 356,5 € (Tarsu) Brescia 126 € (Tia)
Roma 337 € (Tia) Cremona 132 € (Tarsu)
Agrigento 333 € (Tia) Campobasso 139 € (Tarsu)
Taranto 322 € (Tarsu) Viterbo 139 € (Tarsu)
Latina 311 € (Tia) Vibo Valentia 141,5 € (Tarsu)
Trieste 309 € (Tarsu) Pescara 147 € (Tarsu)
Livorno 309 € (Tia) Pordenone 148 € (Tarsu)
Fonte: Cittadinanzattiva – Osservatorio prezzi&tariffe, 2009
Il commento di Antonio Gaudioso, vicesegretario generale di Cittadinanzattiva: “In Italia, più della metà dei rifiuti va ancora a finire in discarica, la produzione pro capite di rifiuti urbani è pressocché stabile, mentre ciò che non accenna a diminuire è il carico delle tariffe, specie in quelle aree del Paese, come il Sud, dove il reddito pro capite è più basso. In sostanza, il servizio non migliora mentre i costi sopportati dalle famiglie sono sempre maggiori, e da questo punto di vista il caso della Campania è quanto mai esemplificativo. Quel che emerge dall’analisi è la mancanza di una politica nazionale della gestione dei rifiuti, capace di legare gli elementi di costo ad elementi di qualità del servizio, a tutto vantaggio di chi continua ad operare in assoluta assenza di trasparenza se non proprio nell’illegalità, come peraltro più volte denunciato da Legambiente. Anche nella gestione dei rifiuti, come per l’acqua, la recente riforma dei servizi pubblici locali non può prescindere dall’istituzione di una indipendente Autorità di regolamentazione e controllo, oltre che da un convinto coinvolgimento dei cittadini e delle Associazioni che ne tutelano i diritti, nella valutazione del servizio, come peraltro previsto dal comma 461 dell’articolo 2 della Legge Finanziari 2008 (l. 244/2007)“.
Nel calcolo degli importi, le somme sono tutte comprensive, per la Tia, di Iva al 10% e addizionale provinciale (che varia dallo 0% di Trento e Bolzano al limite massimo del 5% riscontrato in 35 Comuni su 47). Per la Tarsu, gli importi considerati sono tutti comprensivi dell’addizionale erariale (10%) e dell’addizione provinciale (che in questo caso varia dallo 0% di Aosta al limite massimo del 5% riscontrato in 50 Comuni su 58).
Esempi positivi e non: al nord, si distinguono in positivo Veneto e Trentino, dove la Tia è applicata in tutti i capoluoghi, la spesa sostenuta dalle famiglie è inferiore ai valori medi nazionali, così come gli incrementi tariffari. Il tutto a fronte di una percentuale di raccolta differenziata di gran lunga superiore alla media nazionale, così come sono inferiori alla media nazionale, oltre che in diminuzione, i relativi dati sulla produzione pro capite di rifiuti urbani.
Per gli stessi motivi, se non fosse che nell’ultimo anno ha fatto registrare un preoccupante aumento dei costi, si segnala anche la regione Lombardia, dove però non tutti i capoluoghi hanno adottato la Tia. Al centro, abbastanza bene l’Umbria, con costi in linea con la media nazionale, aumenti contenuti, Tia presente nei due capoluoghi, livelli di raccolta differenziata non lontani dai livelli medi nazionali. Il Molise, invece, anche se presenta i costi più contenuti, registra valori minimi in fatto di raccolta differenziata, e una produzione pro capite di rifiuti urbani addirittura in aumento.
Al sud, abbastanza bene la Calabria per i contenuti costi – anche se in ascesa - , meno bene per i bassi livelli di raccolta differenziata e per la Tia ancora assente. Contenuti i costi anche in Basilicata, dove però la produzione pro capite di rifiuti urbani aumenta invece di diminuire, la differenziata è ancora a livelli inaccettabili e la Tia non c’è. Grave infine il ritardo che si registra in Campania, al primo posto per i costi
elevati e agli ultimi per adeguamento alla normativa di settore (Tia ancora non adottata da alcun capoluogo, minimi i livelli di raccolta differenziata).