Le lunghe liste di attesa sembra un problema che non si riesce in alcun modo a risolvere. O forse, non si vuole. L'inchiesta di Repubblica-Salute evidenzia ancora una volta come la situazione, nonostante piani, promesse e leggi, stenti davvero a mutare. E, come sempre, è il cittadino quello che paga il conto più salato, in termini di diritto alla salute non rispettato, ma anche in termini di costi indiretti.
Tutto questo si traduce spesso in ricerche spasmodiche, fatte di telefonate nel migliore dei casi, ma spesso e volentieri in veri e propri pellegrinaggi di Asl in Asl o di struttura in struttura.
A cui si aggiungono, spesso, anche gli spostamenti da regione a regione, soprattutto sulla direttrice Sud-Nord.
Sono costi che gravano direttamente sul cittadino, in termini di tempo impiegato, nervosismo e ansie, che è davvero sembrano non interessare nessuno. Eppure, non sono pochi gli esempi di buona amministrazione che in questi anni sono stati registrati, come la centralizzazione delle prenotazioni, che però non è ancora omogeneamente diffusa o che non integra davvero tutti i presìdi presenti sul territorio. Negli ultimi anni abbiamo anche registrato un crescente ricorso al proprio portafogli per potersi pagare prestazioni che non venivano erogate in tempi accettabili. Come già denunciato in diverse occasioni, questo espone il cittadino a rischi economici, e il sistema ad ulteriori difficoltà. Infatti, a causa della crescente crisi, in questo ultimo anno molti non si sono più potuti permettere di pagare, e questo ha causato un enorme ingolfamento delle liste di attesa. Quello che ci chiediamo è perché nel nostro paese non viga il principio delle responsabilità. Sono numerosissime infatti le Regioni che ancora non rispettano le norme che impongono la pubblicazione dei tempi medi d'attesa, così come troppe le strutture (in particolare nel sud) che impongono liste chiuse, divisioni in cui il libro delle prenotazioni è gestito direttamente dai primari o ospedali che non comunicano o non si collegano con i centri unici di prenotazione regionali.
Siamo ora in attesa del nuovo piano annunciato dal ministro Fazio, in cui si intravedono a nostro parere alcuni limiti. Anzitutto un federalismo ancora più acuito, poiché i tempi non saranno fissati a livello nazionale, ma dalle singole Regioni, con il rischio di aumentare ulteriormente le disparità territoriali. Inoltre, dalle 1000 prestazioni obiettivo delprecedente piano, si passa ora a 58, e restano escluse dal tetto dei tempi massimi quelle relative ai pazienti affetti da patologie croniche.
Francesca Moccia
Coordinatrice Nazionale el tribunale per i diritti del malato - Cittadinanzattiva