Da cittadini, azionisti e utenti del nostro Servizio Sanitario Nazionale, siamo molto preoccupati per l’assordante silenzio del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia, all’indomani della presentazione del XVI Rapporto PiT Salute del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva dal titolo "Meno sanità per tutti, la riforma strisciante".
Da cittadini, come dobbiamo interpretare questo silenzio? E’ la conferma che abbiamo “colto nel segno” ed è questo il vero disegno politico, quello di una riforma strisciante?
Eppure la fotografia del SSN che emerge dal Rapporto è allarmante: il Servizio Sanitario è sempre più inaccessibile per i cittadini, scarica sulle tasche di quest’ultimi il costo delle cure, per i più fortunati che se lo possono permettere; agli altri, invece, non resta che rinunciarvi o posticiparle nel tempo.
Da “azionisti” del SSN abbiamo il diritto di sapere da chi lo “amministra” (per loro dovrebbe essere un dovere) se e quali azioni, con quali tempistiche e modalità, vorrà mettere in campo per il superamento delle criticità che i cittadini incontrano nell’accesso ai servizi sanitari, nonché per la tutela del SSN.
In altre parole crediamo che il “render conto” ai cittadini da parte degli amministratori sia un atto dovuto, soprattutto considerando la rilevanza costituzionale del diritto alla salute che lo stesso SSN dovrebbe garantire.
Come dovrebbero interpretare l’assenza del Ministro della Salute, o di un suo delegato, i tanti volontari che ogni giorno tutelano il diritto alla salute? E soprattutto che messaggio fornisce il Ministro ai tanti cittadini che in queste segnalazioni si ritrovano perché queste situazioni le vivono, o quelle persone che si sono rivolte al Tribunale per i diritti del malato per tutelare i propri diritti? Eppure alcuni funzionari dello stesso Ministero erano presenti, mescolati nel pubblico, attenti, ad ascoltare…e con loro tanti professionisti, cittadini comuni, rappresentanti di associazioni di pazienti.
Non si sono invece sottratti al confronto i professionisti della sanità: amministratori, medici, infermieri, farmacisti, sindacati, solo per fare alcuni esempi.
Non possiamo nascondere di essere preoccupati da questa assenza: è la prima volta nella storia della nostra Organizzazione che il Ministro della Salute non partecipa a questo evento. Ci auguriamo di essere presto smentiti da un atto concreto: una convocazione per discuterne con il Ministro e l’apertura effettiva al dialogo, al confronto e alla condivisione con le associazioni di cittadini e pazienti.
Venendo invece al merito della questione, a chi dice che bisogna ripensare il concetto di universalismo (garantire tutto a tutti), rispondiamo che ciò è già stato realizzato nei fatti attraverso una riforma “non formalizzata”, sulla quale né i cittadini, né gli operatori sanitari e tutti gli altri attori sono stati chiamati a dire la loro: praticamente una vera e propria riforma “strisciante”.
Ci troviamo di fronte ad un Servizio Sanitario sempre più “inaccessibile”, che decide chi curare utilizzando il criterio cronologico (impossibile ammalarsi a fine anno, vale a dire “chi prima arriva meglio alloggia”) e territoriale (al centro-sud il Ministero della salute ci dice che i LEA non sono garantiti e i livelli di ticket e super aliquote sono di gran lunga superiori rispetto al resto d’italia). Una “selezione” realizzata di fatto attraverso un definanziamento del Fondo Sanitario Nazionale senza precedenti, pari ad oltre 30 miliardi di euro nel periodo 2012-2015 e con effetti peraltro retroattivi, con tutto ciò che questo comporta.
Per la prima volta nella storia il finanziamento del FSN nel 2013-2014 è inferiore in valori assoluti a quello del 2012.
Un definanziamento “finanziato” direttamente con i soldi dei cittadini obbligati a farsi carico delle cure a costi sempre maggiori o a rinunciarvi, e sostituito dall’assistenza prestata dalle famiglie, vero pilastro del Sistema di welfare, nei confronti delle quali lo Stato ha attuato una vera e propria “delega assistenziale”.
Un definanziamento lineare che grava negativamente sui diritti dei cittadini, nelle realtà virtuose e non, lasciando inalterati sprechi, inefficienze e corruzioni.
Una riforma che incide negativamente anche sullo stesso Sistema Pubblico, che rischia di non reggere più la concorrenza con il privato, in particolare quello low cost, il quale beneficia davvero di questa manovra strisciante.
L’obiettivo economico “del pareggio di bilancio”, introdotto di recente nella nostra Costituzione, ha sovrastato l’obiettivo principale al quale deve tendere il SSN che è quello di produrre salute, nella sua più ampia accezione. E’ indispensabile, oggi più che mai, vista la crisi economica e occupazionale e nell’ottica di garanzia della “coesione sociale” del Paese, rimettere in equilibrio l’asticella tra le due forze – equilibrio economico versus diritti- che sembrano oggi confliggere chiaramente e propendere per il primo.
E’ chiaro che ciò attiene innanzitutto ad una scelta “politica” che sgombri il campo dall’idea dell’insostenibilità del nostro SSN (infatti, produce oltre l’11% del PIL e ne assorbe solo il 7,1%) e che invece concordi nel sostenerlo adeguatamente rispetto al reale fabbisogno.
Ciò che invece ancora manca e che stenta a partire è una riforma/riorganizzazione vera del nostro Servizio Sanitario nazionale a tutela del diritto alla salute dei cittadini e con vantaggi anche per le casse dello stesso.
Una riforma di “sistema” per il diritto alla salute e per la difesa del Servizio Sanitario Pubblico, che, partendo dalla programmazione, metta ad esempio concretamente al centro:
- una vera politica di prevenzione (l’Italia è oggi fanalino di coda in Europa), considerando come prevenzione anche l’assegnazione del Pediatra di libera scelta (PLS) ai figli dei stranieri irregolari, oltre chescreening, stili di vita,….;
- lo sviluppo dell’assistenza territoriale (art.1 legge Balduzzi), per evitare o ritardare la necessità di ricoveri ospedalieri, oltre che per garantire ai malati, in particolare quelli più fragili (anziani, malati terminali, cronici, etc.) di essere presi in carico e di non essere dimessi dall’ospedale e lasciati in un vero e proprio “vuoto assistenziale”;
- restituire all’assistenza ospedaliera non solo la garanzia delle urgenze, ma anche le attività programmabili e programmate, messe in crisi dai budget insufficienti e/o dai tagli con effetto retroattivo;
- la programmazione integrata socio sanitaria, ormai al palo da più di qualche anno (in particolare anziani, cronici, disabilità..);
- l’azione sistematica e costante di governo effettivo delle liste di attesa;
- la garanzia di un SSN equo, attraverso l’uniformità di accesso alle prestazioni su tutto il territorio nazionale, pur rispettando l’architettura costituzionale delle competenze dello Stato e delle Regioni;
- la trasparenza della pubblica amministrazione;
- la valutazione civica dei servizi socio-sanitari;
- la partecipazione civica nella definizione delle politiche pubbliche socio-sanitarie;
- la competenza come criterio chiave nell’attività di selezione dei vari professionisti che operano all’interno del SSN.
Tonino Aceti, Coordinatore Nazionale Tribunale per i diritti del malato (TDM) - Cittadinanzattiva