Genitori che si rimboccano le maniche per ripulire la scuola, ed altri che si oppongono alla chiusura della scuola "insicura" per la scomodità' che crea. Dirigenti scolastici che presidiano la sicurezza degli edifici a loro affidati con il concorso di tutti, e altri che impediscono l’accesso nelle scuole alle organizzazioni o ai Comitati, considerandole proprietà privata.
Sindaci che non riescono ad intervenire neanche rispetto alle urgenze, altri che agiscono con le poche risorse disponibili, ingegnandosi come possono. Insegnanti disponibili anche a somministrare medicinali, insegnanti refrattari a qualunque cambiamento e innovazione. Edifici scolastici nelle grandi città che cadono a pezzi, edifici all’avanguardia anche in piccole città del Sud.
Queste alcune delle contraddizioni che l’XI Rapporto "Sicurezza, qualità' e accessibilità' a scuola" di Cittadinanzattiva che dimostrano che se è cresciuta la consapevolezza della gravità dell’edilizia scolastica le modalità per contrastarla sono totalmente disomogenee e disorganiche.
Altri due aspetti legati al Rapporto: il primo riguarda la denuncia dell’assenza dell’Anagrafe dell’Edilizia scolastica, strumento indispensabile per conoscere ufficialmente lo stato di ciascuna scuola, per individuare gli interventi più urgenti, per quantificare gli stanziamenti necessari, per evitare sprechi. In una parola, per programmare a lungo termine. Lo diciamo da anni senza avere mai risposte né, soprattutto, dati chiari e circostanziati.
Nei giorni scorsi il Sottosegretario Rossi Doria del Ministero dell’Istruzione ha ribadito in più occasioni, senza possibilità di contradditorio, che l’Anagrafe è a buon punto e che è stata affidata ai Dirigenti scolastici! Ma cosa ne sanno i Dirigenti di agibilità statica, di adeguamento antisismico, di stabilità di controsoffitti e cornicioni, di prove di carico, ecc.? Il Dirigente scolastico non ha, né gli è richiesto di avere, competenze tecniche o ingegneristiche. Di quali dati stiamo parlando? Della presenza delle barriere architettoniche o delle porte antipanico, della presenza della segnaletica o dello stato dell’antincendio, e così via. Aspetti sicuramente importanti ma non sufficienti, dato l’elevato degrado di quasi la metà delle nostre scuole. Francamente ci sentiamo un po’ presi in giro. Non se ne abbia a male il nostro interlocutore ma è come se a chi chieda un pasto completo venga offerto un pacchetto di crackers!
Il secondo aspetto riguarda i contributi volontari da parte delle famiglie e di altri soggetti privati. Hanno suscitato grande stupore i dati da noi forniti riguardanti il contributo volontario che, a inizio d’anno le famiglie donano alle scuole per lo svolgimento delle attività didattiche, per sopperire all’assenza di materiali igienici, ecc. Calcolato per difetto, sul 70% degli studenti iscritti quest’anno, sarebbero 390 i milioni di euro donati dalle famiglie alla scuola italiana. Se confrontato a quanto stanziato dal Governo per l’edilizia scolastica dei prossimi tre anni (450 milioni di euro), il dato parla da solo. In molti, genitori, insegnanti, studenti, piccole aziende ci hanno contattato dicendo che sono tanti coloro che aiutano le scuole in vari modi, così come sono molti coloro che sostengono che ciò non sia giusto e che sia un modo per sostituirsi ad un dovere dello Stato e/o di Regioni, Comuni, Province. Il dibattito è importante e meriterebbe di essere sviluppato in altre sedi e a tutti i livelli. Per proseguire questa riflessione vi proponiamo intanto una storia.
Nel 1962 a San Paolo di Beroide, paese dell’Umbria, una giovanissima insegnante di ruolo si recava tutti i giorni in una piccola scuola elementare di campagna ricavata da un ex granaio. Poiché la corriera arrivava molto presto e lei era l’insegnante più giovane, tutte le mattine, prima dell’arrivo dei bambini doveva accertarsi che non ci fossero topolini in giro (era un ex granaio), accendere la grande stufa in ghisa che riscaldava la scuola e pulire le aule ed il bagno. Dopo qualche tempo, una giovane mamma si offrì di aiutarla. Durante l’inverno ciascun bambino portava ogni mattina un pezzo di legna da ardere per alimentare la stufa. La storia è vera e quell’insegnante era la mia mamma, ormai in pensione.
Che la Storia si ripeta?
Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale Scuola di Cittadinanzattiva