Nelle ultime settimane ci siamo dovuti sorbire le prediche di vari articolisti e numerosi politici circa il fenomeno dell’antipolitica. I cittadini italiani che comprano un milione di copie de “La casta”, che partecipano al blog e alle manifestazioni di Grillo, che seguono con passione le trasmissioni della Gabanelli, sarebbero l’espressione qualunquistica di un disprezzo della politica da parte degli italiani.
Poi nei giorni successivi alcuni milioni di cittadini hanno partecipato al referendum indetto dal sindacato sul protocollo sul welfare, in cinquecentomila sono andati alla manifestazione sulla sicurezza di AN, addirittura più di tre milioni hanno partecipato alle primarie per la costituente del partito democratico. Non dimenticando che sono statti ottocentoventimila i cittadini che hanno firmato per il referendum per cambiare la legge elettorale.
Tante persone hanno in realtà fatto più di una di queste cose. Ad esempio, hanno firmato per il referendum, apprezzano Grillo e sono andati alla manifestazione di AN. Oppure hanno comprato La casta, vedono regolarmente Report, hanno votato per il PD. Si calcola che almeno il 30% dei votanti di domenica 14 ottobre, sono anche “seguaci” del comico genovese.
Ma siamo sicuri che questa gran voglia di farsi sentire, di informarsi, di contare qualcosa sia antipolitica? O non sarà forse che è diventato molto comodo per le partitocrazie bollare in questo modo le critiche alle loro pratiche clientelari, all’ingordigia dei loro apparati, alla indifferenza nei confronti dei problemi del paese?. In pratica, si confonde la critica a certi personaggi e a certe pratiche con il rifiuto della politica.
Ciò che è avvenuto in questi mesi è in realtà la notizia migliore che si poteva avere per il nostro futuro: gli italiani, nonostante la mancanza di soldi e di prospettive per tanti di loro, sono vivi e si muovono. Anzi hanno talmente a cuore il loro paese da porsi il problema di cambiare le carte in tavola e di voler prendere parte, in modo energico ma sempre pacifico, a nuovi scenari. Di solito si usa dire, anche retoricamente, che la partecipazione è il sale della democrazia. I cittadini stanno quindi ridando linfa alla nostra democrazia, allargandone però i confini, gli attori e i temi.
Ma i nostri politici sono contenti o no di ritrovarsi tutta questa gente tra i piedi? A nostro avviso vivono un paradosso: da una parte hanno bisogno della partecipazione per poter realizzare i loro obiettivi (la nascita del PD o il rafforzamento di AN, ad esempio), dall’altra, ne hanno paura, perché è fuor di dubbio che si tratta di un modo di partecipare diverso dal passato, senza illusioni, senza sconti per nessuno e senza deleghe in bianco. Forse quella che sta prendendo piede è una dimensione civica e quotidiana della politica, in cui hanno un ruolo i cittadini comuni. E gli osservatori della politica dovrebbero cogliere il fatto che il vero rinnovamento viene proprio da qui.
Teresa Petrangolini, segretario generale Cittadinanzattiva