C’è una paroletta magica che aiuterebbe l’Italia a combattere la corruzione così diffusa nelle istituzioni e che tanto pesa sullo sviluppo del paese. Ad intervenire seriamente sugli sprechi di risorse delle amministrazioni e aumentare l’investimento sui diritti. A migliorare la qualità dei servizi, garantendo l’efficacia, l’efficienza e la produttività delle azioni amministrative. La paroletta è: trasparenza.
Con la legge Brunetta del 2009 sembrava che il problema fosse stato risolto. Accessibilità totale alle informazioni della PA: così è scritto nella legge. Peccato che ancora oggi siano le amministrazioni pubbliche a decidere che cosa comunicare ai cittadini. Magari con un bellissimo e accessibile sito web, certo. Ma i contenuti? Tutti decisi dall’alto. Poco o nulla si sa sulla formazione degli atti delle amministrazioni pubbliche. Poco o nulla si sa dei bilanci, spesso scritti in modo incomprensibile: il che impedisce di capire come vengano davvero spesi i soldi dei cittadini. Insomma, il principio della "accessibilità totale" resta una mera affermazione di principio: nessuno può vincolare la pubblica amministrazione attraverso, ad esempio, un sistema di obbligo-sanzione. Men che meno il Ministro della Amministrazione pubblica. Ecco perché fa un po’ sorridere la “Bussola della trasparenza”, l’iniziativa del Dipartimento della Funzione Pubblica che vorrebbe dare la classifica della trasparenza di Ministeri ed enti pubblici ma che si riduce ad una classifica sull’accessibilità dei siti web.
La legge sul diritto di accesso, poi, è una tra le più arretrate in Europa. Perché subordina la richiesta della documentazione della PA a un interesse diretto del singolo cittadino. In questo modo, esclude esplicitamente la possibilità di un suo utilizzo come mezzo di controllo generalizzato sulla pubblica amministrazione. E mette fuori enti rappresentativi come le organizzazioni dei cittadini.
E’ proprio per tutti questi motivi che un gruppo di esponenti di organizzazioni civiche, dei media e del mondo universitario ha avviato una iniziativa per l’introduzione in Italia del Freedom of Information Act (FOIA) proveniente dall’esperienza americana. L’"atto per la libertà di informazione" è una legge degli USA sulla libertà di informazione. Impone alle amministrazioni pubbliche una serie di regole per garantire a tutti i cittadini di conoscere l’operato del Governo federale e, in generale, delle ammistrazioni pubbliche statunitensi, comprendendo l'accesso totale o parziale ai documenti di interesse generale. Approvato negli USA nel 1966, il Freedom of Information Act ha aperto a giornalisti e studiosi l'accesso agli archivi di Stato statunitensi, a molti documenti riservati e coperti da segreto di Stato, di carattere storico o di attualità. Il provvedimento garantisce la trasparenza della PA nei confronti del cittadino e il diritto di cronaca e la libertà di stampa dei giornalisti.
Con questo atto, il diritto all'accesso è garantito a chiunque, indipendentemente da ogni specifico interesse, e diventa quindi un vero e proprio strumento di controllo dell'attività amministrativa (esplicitamente esclusa dalle modifiche approvate alla legge italiana sulla trasparenza nel 2005) e di partecipazione dei cittadini ai meccanismi decisionali. Il principio del Freedom of information obbliga la pubblica amministrazione a rendere pubblici i propri atti e rende possibile a tutti i cittadini di chiedere conto delle scelte e dei risultati del lavoro amministrativo.
L’introduzione del FOIA – e quindi di una vera legge sulla trasparenza amministrativa-renderebbe chiari i motivi che causano i ritardi negli iter dei procedimenti, chiarirebbe le responsabilità e di conseguenza favorirebbe la semplificazione. Lo snellimento e la maggiore chiarezza delle procedure contribuirebbe ad arginare anche il fenomeno della corruzione, di cui le cronache di questi giorni sono strapiene.
L'esperienza degli altri paesi, e in particolare quella della Gran Bretagna, ha mostrato altri effetti positivi. La PA è costretta ad aumentare i propri comportamenti virtuosi. Favorendo il tasso di fiducia dei cittadini permette all'amministrazione di operare al meglio. Provoca l’accountability delle istituzioni. Aumenta la capacità dei cittadini di valutare il governo di Stato, regioni e comuni e il modo in cui questi usano le risorse pubbliche.
Insomma, i motivi per fare presto questa riforma ci sono tutti. Ma, nel frattempo, bisogna pretendere l’attuazione più corretta ed estesa possibile delle norme già esistenti.
Vittorino Ferla, Responsabile Cittadinanzattiva per la Trasparenza e la Legalità