Sono già passati quattro mesi dall’inizio dell’Anno Europeo del volontariato e per il Governo italiano è l’ennesima occasione persa.
Per confermare questa idea basterebbe chiedere alle associazioni di volontariato un commento sulla Conferenza di apertura dell’Anno Europeo, svoltasi a Venezia il 31 marzo e il 1 aprile scorsi. Una conferenza nata e finita male. Un programma costruito a tavolino, senza alcun coinvolgimento delle associazioni e dei volontari. Un evento a numero chiuso, fatto del tutto inaudito, al quale si partecipava solo se inseriti in una delle quote – ovviamente del tutto informali - di legittimazione. Sul sito della Conferenza ci si poteva registrare, certo, ma solo a una condizione: sottoscrivere il form nella parte in cui annunciava che i posti sono limitati. “Per motivi di sicurezza”, stava scritto. Il Governo, insomma, è riuscito alla fine a lottizzare una Conferenza nella quale davvero c’era ben poco da spartire, sia in termini di risorse economiche che di posizioni di potere.
La verità è un’altra. Anche per il mondo della cittadinanza attiva esiste una ‘zona rossa’. Serve per dividere gli interlocutori e indebolirli. Per ridurre all’impotenza le organizzazioni che avrebbero qualcosa da dire. Blindare la Conferenza è stato un modo in più, non solo simbolico, ma pratico, per blindare la partecipazione dei cittadini. I cittadini danno fastidio per definizione, basti vedere come vengono trattati in vista dei referendum di giugno.
Dentro questa ‘zona rossa’ sono ben accolti soltanto gli amici (gli altri possono stare si, ma senza fare troppo rumore) e gli alfieri di questa mediocre stagione politica. E’ la stagione dell'uso privatistico delle istituzioni, dei beni comuni e dei servizi pubblici. L’obiettivo è chiaro: indebolire l’azione delle amministrazioni pubbliche, smontare una serie di garanzie di tutela di diritti fondamentali, favorire quelle imprese amiche che, con la veste buona dell’ente caritatevole o dell’utilità sociale, raccolgono i resti di alcuni servizi essenziali.
In questa prospettiva privatistica, la sussidiarietà diventa strumento a vantaggio delle corporazioni. Occasione di scambio con una politica consenziente. Metodo di spartizione di risorse pubbliche per premiare imprese che si dicono sociali. Soprattutto, vengono meno le responsabilità dello Stato, le reti di protezione vengono strappate, i più deboli sono lasciati a se stessi e alle loro famiglie. Basterebbe leggere il Libro Bianco sul Welfare del ministro Sacconi per rendersi conto di questa new wave del ‘si salvi chi può’. Senza oneri per lo Stato. Sarà per questo che, in questi mesi, il Ministero dell’Economia ha cercato di tagliare tutto il possibile, specie se aveva a che fare con le politiche sociali. Lo stesso 5x1000 è allargato e ridotto a capriccio, a seconda delle necessità del momento. Sacconi a Venezia si è presentato – come fa di solito – alla fine dei lavori, senza aver ascoltato nulla, con una serie di risposte preconfezionate: "il 5x1000 lo stabilizzeremo per legge, ma il fondo da distribuire sarà deciso di anno in anno. E le associazioni non devono farci troppo affidamento". Più chiaro di così... In compenso, qualche risorsa per gli ospedali privati o per le scuole confessionali si trova anche in tempi di crisi.
E i volontari? Sono ‘quelli che puliscono il culo’, ha detto in passato, con ben poca delicatezza, il ministro Sacconi. Sono, in pratica, i ‘pesci pulitori’ nell’acquario predisposto dai poteri in sella. O i giardinieri che tengono fresco l’orto intorno al Palazzo in cui si chiudono gli affari veri. Cittadini attivi, ma privati di qualsiasi ruolo pubblico e politico che darebbe solo fastidio al Palazzo. Non è un caso, dunque, che le relazioni principali della Conferenza del volontariato siano espressione di una precisa opzione culturale (quella della Compagnia delle Opere). L’unica buona per un progetto di riforma ispirato dalla retorica tipica del conservatorismo compassionevole. E, soprattutto, ispirato allo scambio di favori e di prerogative con la politica.
Noi sappiamo invece che la Costituzione italiana, quando parla di sussidiarietà, offre una prospettiva completamente diversa: l’alleanza tra cittadini e istituzioni per la soluzione di problemi di interesse generale, un concorso di responsabilità condivise che ha come obiettivo la cura dei beni comuni, una democrazia partecipata che si pone la meta dello sviluppo sociale, civile e ambientale per tutti. Di questa sussidiarietà progressiva a Venezia se n'è vista molta tra i volontari, molto poca da parte delle Istituzioni. Ecco perché tante organizzazioni di cittadini che la pensano così hanno partecipato con il 'mal di pancia'. Oppure hanno preferito restarsene a casa. Per far sentire più forte il proprio ‘NO’. E meno male che è l’Anno Europeo del volontariato…
Vittorino Ferla, responsabile relazioni istituzionali di Cittadinanzattiva