È da circa 13 mesi che svolgo la funzione di Commissario regionale di Cittadinanzattiva in Calabria dopo le dimissioni del segretario regionale. In questi mesi ho avuto modo di approfondire la conoscenza di un territorio unico nel panorama nazionale.
La Calabria la conosco bene da oltre 20 anni, se non altro perché ne ho sposato una sua figlia. Terra aspra, dura, selvaggia ma, allo stesso tempo, accogliente, calda e amorevole.
Di una bellezza unica e struggente, in questi ultimi 20 anni è stata letteralmente abbandonata a se stessa.
E’ bastato andare in giro per qualche città, per qualche ospedale, percorrere l’autostrada più lavorata d’Italia (la Salerno-Reggio) e mai finita, parlare con cittadini, operatori e dirigenti, per avere conferme di sospetti che erano certezze.
In fondo i problemi della Calabria sono, fatti i debiti paragoni, gli stessi degli altri territori. Solo che qui è tutto di più.
Il primo problema è legato ad una classe politica regionale inadeguata alle sfide, incapace di avere una visione, di livello mediocre, attenta solo a mantenere il proprio posto di potere. E’ in generale un problema unico nel panorama delle classi dirigenti regionali dove i politici, spesso, non brillano per capacità. Negli ultimi venti anni ci sono stati politici che hanno corso per una parte e poi per l’altra in modo assolutamente naturale.
Il secondo problema è invece strutturale: la sanità, come in tutte le realtà, copre oltre il 70% del Bilancio regionale diventando di fatto la prima fonte di occupazione. E al sud dire occupazione significa stare dalla parte della vita. Ed è per questo che le classi dirigenti che si sono succedute in questi venti anni, fatte salve le eccezioni, sono state cinghie di trasmissione per le clientele politiche. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: in Calabria, ad esempio, il personale amministrativo in sanità è oltremodo sovradimensionato, mentre mancano operatori nell’area emergenza-urgenza.
Il terzo problema riguarda i cittadini e le organizzazioni civiche: se la Calabria è in queste condizioni è anche responsabilità dei cittadini e delle organizzazioni civiche. Non si può pensare che i cittadini calabresi siano immuni da responsabilità. Ma ancora più grave l’assenza, con le dovute eccezioni, delle associazioni civiche: deboli sul piano delle proposte, timide verso la politica e le politiche messe in atto negli anni, avide di mettere la propria bandierina su un territorio senza avere rilevanza sui problemi, generali senza esercito. Manca una visione generale dei problemi, i cittadini si ripiegano in un localismo che perpetua i meccanismi clientelari e permette al politico di turno di promettere, prendere voti e poi sparire senza che cambi nulla.
Questi tre problemi hanno portato qualche anno fa al Commissariamento della Sanità in Calabria con tutto ciò che ne consegue. Sarebbe lungo e fuorviante ripercorrere i passaggi per spiegare come si è arrivati, cosa è stato fatto e come ci si sta muovendo.
La situazione attuale potrebbe essere rappresentata come il festival delle contraddizioni: piani di rientro dal debito sanitario con tagli pesantissimi e effetti ancora più devastanti sui diritti dei cittadini, soprattutto in ambito di medicina territoriale; mobilità sanitaria storicamente molto rilevante con piani di prevenzione poco efficaci, mentre le norme sulla prevenzione in ambito di invecchiamento attivo sono tra le più avanzatea livello nazionale; ospedali vecchi, piccoli, in zone disagiate e piani di costruzione di nuovi ospedali; mobilità regionale disastrosa a fronte di progetti innovativi sulla banda larga; fortissima disoccupazione giovanile a fronte di un numero enorme di personale amministrativo nei diversi settori (soprattutto in sanità) e poi mancano figure tecniche e i servizi non funzionano; assenza di un CUP regionale e presenza di modalità differenziate su base provinciale per la prenotazione di analisi e visite (ma poi si fanno file e ore di attesa, o, chi può, ricorre al privato); si decide di chiudere l’Ospedale Pugliese di Catanzaro e spostarlo a Germaneto senza “consultare” nessuno e poi, dopo che il Comitato “salviamo il Pugliese” raccoglie oltre 11.000 firme e convince il sindaco di Catanzaro, ecco che si decide cheil Pugliese non si chiude più; paesi che si svuotano con gente che riprende il viaggio dell’emigrazione per fare fortuna fuori dalla Calabria e paesi, come Badolato, che vengono ripopolati grazie agli immigrati ed all’accoglienza delle comunità locali. E via discorrendo con esempi che sfiorano l’incredibile.
Cittadinanzattiva in Calabria sta tentando un percorso articolato, difficile, complesso volto a aprire spazi di dialogo, di incontro e di visione strategica per migliorare le condizioni dei cittadini.
Intanto il primo punto che Cittadinanzattiva Calabria ha promosso è l’idea di “fare squadra” per uscire da una visione localistica, isolazionista per guardare all’interesse generale, al problema strutturale più che a quello particolare, per dare soluzioni valide per tutti. E’ un passaggio epocale questo: perché in Calabria, nonostante le difficoltà, si vedono segnali di cambiamento che devono essere colti, accompagnati e sostenuti. Uscire da questa visione è la condizione per avviare un vero cambiamento.
Secondo punto: costruire alleanze con altri soggetti. E così che abbiamo sostenuto l’Aned regionale prendendo posizione pubblica dopo una denuncia di “possibile spreco di denaro pubblico” per trenta milioni di Euro per un centro dialisi nel reggino e quasi isolamento del dirigente regionale che aveva denunciato la cosa(e qui chi resta isolato si sa bene che fine faccia…); abbiamo presentato con due associazioni di malati cronici altrettanti PDTA per i malati reumatici e per le persone affette da morbo di Crown, con successiva apertura da parte della Regione Calabria di un Tavolo di lavoro per la predisposizione delle Delibere regionali, prime in Italia, a recepire il lavoro fatto a livello nazionale; e ancora alleanza con giovani architetti, per la maggior parte ragazze, e con l’Università di Reggio Calabria per il monitoraggio dei beni pubblici “dismessi”e per individuare il loro possibile riuso a favore delle comunità locali. E anche per questa politica la Regione Calabria ha aperto con Cittadinanzattiva un Tavolo a cui partecipano l’Assessore all’Ambiente e l’Assessore all’Urbanistica.
Terzo punto: puntare sulla formazione dei nostri aderenti per qualificare gli interventi di tutela dei diritti che in questa realtà stentano ancora oggi ad essere riconosciuti.
Quarto: stiamo aprendo il movimento alla partecipazione di territori, comunità, persone che hanno passione per questa terra e competenze da mettere a disposizione andando a ascoltare direttamente le storie, i bisogni, le speranze dei calabresi.
Quinto: abbiamo scelto di combattere ogni giorno per migliorare, per cambiare, per dare fiducia a bisogni secolari di giustizia, di sviluppo e di opportunità per tutti.
Oggi si chiede a tutti di assumere un punto diverso di governo delle questioni. Un punto che privilegi l’ascolto dei territori, la sapienza nel leggere i segni dei cambiamenti e il coraggio di guidarli, governarli, sostenerli.
Il Congresso regionale di Cittadinanzattiva, che si svolgerà nel mese di aprile, restituirà al movimento regionale e ai cittadini calabresi la pienezza dei poteri nelle politiche, nelle scelte e nelle responsabilità che si dovranno affrontare. E’ una grande occasione, forse l’ultima, per cambiare questa regione. E si deve comprendere che il futuro della Calabria si gioca qui e ora a partire dalla capacità dei cittadini calabresi di prendere in mano poteri e responsabilità per generare azioni di interesse generale. Solo così si può pensare di dare futuro degno di tale nome a questo territorio.