«Le aree marginalizzate non sono spente. Per accorgersene però bisogna adottare altri sguardi, accendere i fari sulla vita che c’è nei paesi “vuoti”, sui bisogni, le attese e le aspirazioni di quanti restano, tornano e, più raramente, arrivano. Pochi, ma sufficienti per autorizzare la speranza che i luoghi rarefatti siano abitabili».
È ancora possibile vivere nelle aree demograficamente rarefatte, con pochi bambini, sempre meno donne in età fertile, lavoro introvabile, tanti anziani e con una dotazione di servizi pubblici in contrazione? Si può abitare in comunità ormai rinsecchite, in paesi sempre più ostili al benvivere, nell’Italia fuori Italia, dove i diritti della Costituzione sono calpestati quotidianamente? Un’ampia ricerca empirica nella Calabria interna – l’estremo dell’Italia estrema – testimonia che in questi luoghi si continua ad abitare, a fare progetti, a manifestare bisogni, a sognare. C’è ancora vita.
Ci sono famiglie con figli piccoli che hanno deciso di restare. Tanti giovani che hanno scelto di continuare a risiedervi e tanti altri che resterebbero se si creassero le condizioni per fermarsi. E soprattutto ci sono anziani, il più delle volte soli, che restano perché da sempre radicati in quelle terre e che mantengono vive relazioni sociali di prossimità e minute economie. Si può aspirare a un futuro diverso da quello contratto e cupo delle tendenze demografiche e dell’indifferenza istituzionale, se si rovesciano i vincoli in opportunità: la rarefazione demografica come alternativa alla congestione urbana; la lentezza come guadagno di tempo per abitare lo spazio; le pluriclassi per mettere a punto nuovi metodi didattici; la distanza dai poli di servizi per sviluppare forme di mobilità e accessibilità diverse, diagnostica innovativa e cure mediche adeguate.
Ne discutono con i curatori e gli autori:
Anna Lisa Mandorino
Fabrizio Barca
Carmine Donzelli
Sabrina Lucatelli
Mercoledì 17 gennaio alle 18:30 presso la Fondazione Lelio e Lisli Basso, Via della Dogana Vecchia, 5 – Roma
Scarica la locandina