Fra qualche giorno Cittadinanzattiva, attraverso l’analisi delle segnalazioni che giungono al Pit, il suo servizio di assistenza e informazione per i cittadini, pubblicherà il consueto rapporto annuale sullo stato della sanità in Italia, dandogli il titolo, emblematico e parlante, di “Meno sanità per tutti”. Tutta l’azione politica degli ultimi anni, caratterizzata dalla riduzione della spesa, ma basata sul “non-criterio” di tagli indiscriminati e lineari, ha segnato enormi passi indietro del nostro sistema di welfare, ma, soprattutto, ha inciso pesantemente sui capisaldi, anche ideali, sui quali esso si fondava tradizionalmente e, in ultima analisi, ha attentato alla sua stessa sopravvivenza.
Assottigliati con periodicità i fondi per la sanità, prosciugati via via i fondi per le politiche sociali, per le politiche giovanili e per le pari opportunità, contratti per i tagli agli enti locali i fondi per il trasporto pubblico, l’Italia, se si escludono le pensioni, è scivolata agli ultimi posti in Europa per la spesa socio-assistenziale.
E questo dal punto di vista dei numeri e dei conti. Ma ciò che colpisce particolarmente, nel corso di tutta l’attività di governo degli ultimi anni e ugualmente da parte di tutti i governi che si sono succeduti, è la continuità e l’approccio sistematico con i quali si è rimesso mano al welfare, considerato evidentemente mera spesa e non investimento o, tanto meno, volano di crescita.
All’Assemblea di Farmindustria dello scorso 3 luglio, il ministro Lorenzin ha annunciato l’alt ai tagli della sanità e noi speriamo che questa sia la cifra del governo di cui fa parte. Soprattutto perché quello a cui si è assistito gli ultimi anni è in realtà una “riforma strisciante”, una vera e propria strategia volta a stravolgere il welfare per come finora inteso.
Dal libro verde al libro bianco dell’ex ministro Sacconi, dai tentativi di legittimare ciò che stava avvenendo in Italia alla luce del dibattito sulla big society in Gran Bretagna all’attacco mediatico sferrato a pochi “falsi invalidi” utilizzati propagandisticamente per scardinare i diritti dei tanti invalidi veri, tutto è sembrato rivelatore di questa strategia.
Nuovi concetti e nuove espressioni sono stati formulati in sostituzione dei precedenti o utilizzati con una consapevole forzatura di significato: prima l’ossimoro della “universalità selettiva” ha sostituito l’idea del welfare universale, poi la sussidiarietà - che l’articolo 118, ultimo comma, della Costituzione propone come un circolo virtuoso di competenze ed energie, fra istituzioni e cittadini, finalizzato alla cura dell’interesse generale - è stata piegata in direzione di uno Stato che abdica da responsabilità, impegni economici e azioni, delegandoli a enti locali od organizzazioni della cittadinanza attiva per disinteressarsene definitivamente.
Un approdo significativo di questa strategia è stato il disegno di legge per la riforma fiscale e assistenziale, all’esame delle Commissioni parlamentari nel momento in cui il governo Berlusconi lasciava il testimone al governo Monti. Quello che colpiva del testo era l’idea di un welfare assistenzialista e caritatevole, elemosinante, che non si cura del ben-essere di tutti i cittadini, che non investe sui beni comuni come presupposto di una crescita equa e omogenea e come antidoto all’ingiustizia e al disordine sociale, ma trascura i più rivolgendosi, in modo residuale, solo ai soggetti “autenticamente bisognosi”. Resta un mistero chi, e secondo quale criterio, possa definire quali sono questi soggetti e quando il bisogno può ritenersi autentico.
Ma, a questo punto, più che il dibattito di merito sui singoli punti, interessa a organizzazioni come Cittadinanzattiva che ad essere accantonata, definitivamente, sia quella idea di welfare, l’idea di un welfare da asciugare sin quasi a distruggerlo. Così come interessa superare il teorema in base al quale, finché la crisi passa, non si possa fare altro che tagliare per far quadrare i conti, e tagliare sull’assistenza, sulla scuola, sulla giustizia, sulla salute piuttosto che cercare altrove sprechi, allocazione illogica delle risorse e centri di costo infruttuosi. Per esempio nelle spese militari, nei costi della politica, nelle inefficienze della burocrazia, nella follia di pagare, e tanto, per i disastri piuttosto che investire, poco, per la sicurezza e la manutenzione dei territori, e, non ultimo, nel recupero delle risorse indebitamente sottratte dalla evasione fiscale e dalla corruzione.
Attraverso la campagna "Ridateceli!", Cittadinanzattiva ha voluto istituire un nesso fra quei fondi, tanti, sottratti dalla corruzione e dall’evasione e quelli necessari per riqualificare e sostenere la spesa sociale nel nostro Paese.
E su questo un ruolo di primaria importanza possono e devono svolgere le comunità locali. Se ne è parlato a un convegno, dal titolo “La legalità conviene”, organizzato da Cittadinanzattiva, Avviso pubblico, Cgil, Ficiesse, qualche giorno fa.
Da una parte le amministrazioni comunali dovrebbero imparare a valorizzare, mobilitare e dare potere alla cittadinanza attiva nella definizione di progetti di welfare tagliati a misura di ciascuna comunità. Tanti strumenti sono previsti dalle leggi (piani sociali di zona, piani di attività dei distretti sanitari, piani di protezione civile, piani di trasparenza delle amministrazioni, strumenti urbanistici e altro ancora) e, pienamente utilizzati, pongono le basi di una amministrazione condivisa, istituzioni-cittadini, delle comunità realmente ritagliata sui bisogni di queste ultime. Laddove questo viene fatto, come a Capannori in Toscana, succede che la spesa sociale, anziché diminuire, cresce e cresce il ben-essere di tutti i cittadini.
Dall’altra le amministrazioni comunali hanno tra le mani opportunità nuove e ancora sottoutilizzate di recuperare per la spesa sociale fondi indebitamente sottratti da fenomeni di evasione e corruzione: per esempio, grazie a un protocollo di collaborazione Anci-Agenzia delle Entrate e a una norma che restituisce ai comuni, nella misura del 100%, le somme recuperate dall’evasione fiscale e dalla corruzione perpetrate nel loro territorio. La norma è già stata applicata con successo in alcuni comuni, in particolare dell’Emilia Romagna e della Lombardia - particolarmente efficace è l’esperienza del comune di Corsico la cui priorità di governo è la costruzione di “un’amministrazione incorruttibile e un’economia sana”, e rappresenta sicuramente un fronte privilegiato sul quale operare per garantire, contestualmente, equità fiscale e benessere sociale, restituendo in investimento per i cittadini rispettosi delle regole i profitti, indebiti o illegali, di chi le regole le calpesta.
Anna Lisa Mandorino, Vicesegretaria generale