In questo drammatico momento di crisi che attraversa il nostro paese ad avere la peggio sono intanto quei cittadini che già vivono al di sotto della soglia di povertà. Quanto sia consistente la fetta di popolazione esclusa socialmente lo dice il Rapporto 2011 "Poveri di diritti", presentato il 17 ottobre scorso dalla Caritas e dalla Fondazione Zancan in occasione della Giornata mondiale della povertà: 8,3 milioni i cittadini italiani che vivono al di sotto della soglia di povertà, pari al 13,8% della popolazione. Famiglie numerose, monogenitoriali e del Sud le più colpite. Per loro da tempo l'imperativo è sopravvivere.
Se si aggiungono "i nuovi poveri", vale a dire coloro che poveri lo sono diventati a causa della crisi economica, dell'aumento del costo della vita, della perdita del posto di lavoro e dell'impossibilità di trovarne, i numeri del disagio e della esclusione sociale aumentano considerevolmente.
Per tutti loro l'accesso ai diritti diventa quindi sempre più difficile se non addirittura impossibile. E, in un tale scenario, nemmeno il diritto alla giustizia, sancito dagli artt. 24 e 111 della Costituzione ed esplicitato nella Carta dei diritti del cittadino nella giustizia che quest'anno compie 10 anni, e che costituisce la precondizione per l'accesso ai propri diritti, gli viene garantito. La crescita improvvisa del 20% della richiesta di informazioni sulle modalità di accesso al patrocinio a spese dello Stato pervenute al Servizio PiT Giustizia nel 2010 costituisce uno dei campanelli di allarme della rinuncia ai proprio diritti.
I dati che abbiamo presentato il 25 ottobre al Convegno "Sette diritti per una nuova giustizia", ci confermano l'inefficienza del servizio giudiziario italiano e ci dicono che il diritto alla giustizia è ancora un diritto oscurato perchè inaccessibile a causa dei tempi lunghi e, conseguentemente, dei costi elevati.
La giustizia italiana deve invece avere i requisiti di un servizio pubblico di qualità, garantire possibilità di accesso ampie, qualità delle decisioni e ragionevolezza dei tempi della risposta. Ciò vuol dire che i cittadini, e le organizzazioni che rappresentano il loro punto di vista come Cittadinanzattiva, non si possono rassegnare a vedere oggi azzerati i diritti a causa della crisi economica, senza che le istituzioni si siano mai poste prima il problema degli sprechi di risorse e della riorganizzazione funzionale a garantire qualità ed efficienza al servizio giustizia. Riteniamo anzi necessario che, superando il perimetro tradizionale dello stato sociale, si debbano includere nella sfera dell'approccio universalistico altri beni comuni tradizionalmente non compresi, come la giustizia, e che venga ridefinita la partecipazione reale e attiva dei cittadini nel welfare al fine di garantirne la sopravvivenza.
L'unica strada praticabile ed urgente appare quella indicata nella Risoluzione n. 224 del 2 dicembre 2010 adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio di Europa, con la quale l'Italia viene invitata a risolvere il problema strutturale causa della lunghezza dei tempi dei processi, ad adottare un piano strategico articolato per medio e lungo termine ed a coalizzare attorno a tale obiettivo un forte impegno politico.
Giustizia per i Diritti-Cittadinanzattiva, tra le priorità civiche presentate ha indicato intanto una nuova e più funzionale dislocazione degli uffici giudiziari, vecchi di oltre 60 anni, ed una capillare, e tecnologicamente avanza, informatizzazione delle sedi giudiziarie e del processo.
In attesa che anche questo processo, di riforma, riesca a superare le liste di attesa del nostro Parlamento.
Mimma Modica Alberti, Coordinatrice Giustizia per i Diritti Cittadinanzattiva